Patristica

Ricordati o Signore della Parola

Ricordati, o Signore della parola che hai dato al tuo servo, nella quale mi hai dischiuso la speranza (Sal 118,49).

La parola di Dio ci scuote dal nostro stato di abbattimento e depressione per chiamarci alla grazia celeste, facendo sorgere in noi il desiderio dell’eternità, il disprezzo delle cose presenti e la ricerca di quelle future e invisibili, senza curarci di ciò che è temporaneo. Ci chiama dunque a sé, la parola di Dio, come sta scritto: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Seguiamo dunque il Signore Gesù che ci chiama, per poter passare dalle cose del mondo a quelle eterne e imparare a dominarci.

S. Ambrogio Commento al Salmo 118, 7,2

San Benedetto Giuseppe Labre

Un santo per il giubileo del 1775

a cura di Fra Mario Gentili  San Nicola da Tolentino,  settembre, ottobre, novembre 1998

«A Roma, nella Galleria Corsini, c’è il ritratto di G. B. Labre: un povero di aspet­to monacale che nel suo mantello ha rac­colto come fosse un saio la polvere di tutte le strade. Braccia incrociate, un rosario, i cui grani ondeggiano tra le pie­ghe di una stoffa verdastra, si avvolge attorno al collo.

Ed ecco il volto di un pallore devastato con il macerarsi quotidiano e continuo e trasfigurato con l’interno dolore di Cristo. E questo dolore ha raggiunto il suo fine: la gioia infinita. Alla severità della croce risponde il sorriso delle pal­pebre abbassate che ostentano lo sguardo invisibile. Questo cenobita in stracci, che il pittore Antonio Cavallucci incontrò per le vie di Roma, è l’artesiano Benedetto Giuseppe Labre».

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Il dolce libro dei salmi

Tutta la Scrittura divina spira la bontà di Dio, tuttavia lo fa più di tutto il dolce libro dei salmi. Pensiamo a quanto fece Mosè. Egli descrisse le gesta degli antenati sempre con stile piano. Vi furono circostanze, però, nelle quali sentì il bisogno di innalzarsi ad altezze liriche. Così quando in quel memorabile evento fece passare attraverso il Mare Rosso il popolo dei padri, vedendo il re Faraone sommerso con il suo esercito, dopo aver compiuto cose superiori alle sue forze, si sentì profondamente ispirato e cantò al Signore un inno trionfale. Anche Maria, la profetessa, prendendo il cèmbalo, esortava le altre sue compagne dicendo: «Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!» (Es 15, 21).

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San Benedetto da Norcia Abate, patrono d’Europa

San Benedetto, Fondatore del monachesimo occidentale, e anche Patrono del mio pontificato. Comincio con una parola di san Gregorio Magno, che scrive di san Benedetto: “L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina” (Dial. II, 36). Queste parole il grande Papa scrisse nell’anno 592; il santo monaco era morto appena 50 anni prima ed era ancora vivo nella memoria della gente e soprattutto nel fiorente Ordine religioso da lui fondato.

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Della risurrezione dei morti

CAPO I

Si dà ragione del procedimento seguito in quest’opera: prima, dissipare i pregiudizi e gli errori intorno alla risurrezione, e poi dimostrare questo dogma con argomenti positivi.

1. In ogni opinione e dottrina, accanto a quella verità ch’essa contiene, si vede nascere qualche parte di falso; la quale nasce non già sorgendo per legge di natura da un qualche principio obiettivo o dalla causa costitutiva e propria di ciascun essere, ma per opera di coloro che, preferendo la semente spuria nell’intento di soffocare la verità, deliberatamente coltivano l’errore.

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Discorsi sull’Epifania

PRIMO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA

I – Cristo rivelato dalla stella

E’ poco tempo che abbiamo celebrato il giorno nel quale la Vergine intemerata ha dato alla luce il Salvatore del genere umano. Ora, dilettissimi, la veneranda festività dell’Epifania ci fa prolungare le gioie, affinché tra i misteri, così vicini con solennità tra loro connesse, la nota di esultanza e il fervore della fede, non si affievoliscano.

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S. Ambrogio, La Penitenza

LIBRO PRIMO

Capitolo 1

Se il fine supremo delle virtù è il progresso delle masse, la mitezza, indubbiamente, è la virtù che eccelle su tutte. Essa non suscita il risentimento delle persone che giudica colpevoli, anzi, dopo averle condannate, le mette in condizione di farsi perdonare.

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Beati coloro che lo accolgono

Beati dunque coloro che hanno accolto il Cristo, venuto come luce nelle tenebre, perché si sono trasformati in figli della luce e del giorno. Beati quelli che nella loro vita si sono rivestiti della sua luce, perché hanno già indossato la veste per le nozze; non avranno i piedi e le mani legate per essere gettati nel fuoco eterno.
Beati quelli che hanno contemplato Cristo stesso nel corpo, ma più beati quelli che l’hanno visto nell’intelligenza e nello Spirito, perché non vedranno la morte in eterno…»

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Padri della Chiesa

O Padre, ti prego nel nome del tuo Figlio Gesù Cristo, donami la carità che non viene mai meno, perché la mia lucerna si mantenga sempre accesa, né mai si estingua; arda per me, brilli per gli altri.

O Cristo, dolcissimo Salvatore nostro, degnati di accendere tu le nostre lucerne: brillino continuamente nel tuo tempio, alimentate sempre da te che sei la luce eterna. Rischiara gli angoli oscuri del nostro spirito e allontana da noi le tenebre del mondo.

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